Riccardo Friede: il fundraising come viaggio, dal Nord-Est alla Palestina, per prendersi cura

La marca è il territorio dove si crea valore. Raccontiamo storie di marca perché vogliamo cercare, trovare e mettere in rilievo tutti i gesti, i dettagli e i comportamenti che troppo spesso rimangono nascosti. La nostra specialità è immergerci nelle marche alla ricerca di particolari preziosi, di nuove prospettive, di parole non dette – da elevare e mettere in risalto come meritano.

 

Quando parliamo di marca, siamo abituati a riferirci a un territorio preciso, quello dell’azienda. Ma il concetto di marca può andare anche oltre alla sua accezione fisica. In senso più astratto, infatti, la marca è lo spazio creato da persone che interagiscono nel mercato per creare valore.

È questo il caso di Riccardo Friede, fundraiser originario di Dolo ma che, per la natura del suo lavoro, ha esteso il suo campo di azione ben oltre il territorio di origine.

Il fundraising è quell’attività che raccoglie denaro e investimenti per perseguire buone cause a favore della società e delle persone. Ma per raggiungere questo scopo non esistono solo le grandi organizzazioni di fundraising come Telethon.

«Dietro alle grandi organizzazioni come Telethon, Airc o il WWF ci sono dei professionisti della raccolta fondi. Ce ne sono tanti in Italia, io faccio fundraising per le piccole organizzazioni italiane».

Ascoltando la sua storia, però, abbiamo avuto la conferma che spesso nelle piccole realtà si trovano le sfide più grandi. Ma abbiamo anche scoperto che in realtà Riccardo si occupa di realizzare grandi cose.

Riccardo ci ha parlato le difficoltà del suo lavoro, fin dall’inizio del suo percorso, quando era ancora un giovane studente universitario.

«È un mestiere articolato, come ogni mestiere, e lo faccio professionalmente da quando ne avevo 23 (e in quel tempo c’era un deserto di conoscenze e informazioni, almeno in Italia). Sentivo però qualcosa di giusto, a prescindere dai miei docenti dell’università che mi dicevano di lasciare perdere, per loro stavo andando verso la povertà nel settore considerato peggiore: il no profit. Per uno che aveva 20 anni non era una grande motivazione».

Oggi il fundraising non è una raccolta fondi. Non è solo l’azione di destinare soldi a enti benefici o comprare prodotti a persone o luoghi in ambienti difficili. 

L’attività di Riccardo è quasi quella del formatore che insegna alle aziende come gestire certi investimenti dedicati al bene comune, nel miglior modo possibile in quel momento. Una sorta di educazione finanziariaetica”.

«Ci deve essere un’apertura totale e incondizionata alle diverse maniere di prendersi cura. Il prendersi cura è lo scopo vero e naturale dell’uomo. Quando ci sono enti del profit e imprese che fanno ciò che fanno nella realtà prendendosi cura del contesto, questo si traduce nelle scelte di sostenibilità e nella comunicazione. Non è la vendita, ma creare senso nella relazione con il prossimo».

Riccardo ha spiegato quanto oggi la distinzione tra il mondo no profitprofit-oriented non abbia più tanto senso: gli uni hanno bisogno degli altri per realizzare progetti di grande spessore etico e umano. Solo unendo gli interessi di entrambi si può creare valore, sia economico che di significato

«Credo ci debba essere uno sforzo per raccontare alla comunità cosa stiamo facendo e perché. Prendersi cura, motivare, spiegare quanto c’è di buono dando un messaggio positivo. I paletti del profit, no profit, non esistono. Portiamo fuori questo messaggio e questa missione».

Il concetto più forte che ha espresso Riccardo è proprio prendersi cura. «Incontriamo centinaia di realtà, non solo no profit, che hanno scelto di prendersi cura del bene comune e della comunità che dà senso alle nostre vite. E queste persone si prendono cura degli altri, delle fragilità altrui, dei diritti delle persone».

«Credo ci debba essere uno sforzo per raccontare alla comunità cosa stiamo facendo e perché. Prendersi cura, motivare, spiegare quanto c’è di buono dando un messaggio positivo. Credo che ognuno di noi, soprattutto quando vuole aiutare qualcun altro o ci si sente di voler fare qualcosa di meglio. Abbiamo la responsabilità di ricordare dov’è stato l’inizio del suo percorso».

L’ospedale pediatrico in Palestina

Uno dei progetti con il più grande valore che Riccardo sta contribuendo a finanziare tramite la gestione fondi è l’ospedale pediatrico costruito in Palestina. Si tratta del Caritas Baby Hospital, un luogo dove volontari e associazioni si occupano di bambini ammalati o in condizioni estremamente difficili, vittime di guerre e conflitti. Ogni anno, come sottolineato da Emilio Benato - Presidente di Aiuto Bambini Betlemme Onlus - vengono curati circa 40mila bambini solo con le donazioni.

«In Palestina mi sono accorto delle distanze sociali e delle disparità tra le persone. Ho visto con i miei occhi le situazioni, ho scoperto le ingiustizie e le distanze che sono incolmabili». 

«Quando penso alla mia attività di fundraiser, mi vengono in mente momenti difficili, ma anche momenti belli, che sono stati illuminanti. Mi chiedo perché ci dobbiamo alzare tutti i giorni? Per le ingiustizie, per le distanze, per le situazioni difficili e di dolore che sono inaccettabili». 

Il racconto dei 15 anni da fundraiser di Riccardo hanno dimostrato la sua straordinaria capacità di abbattere le barriere nel suo lavoro. Forse la parola “lavoro” è riduttiva, è una missione tesa ad aprire nuove vie, in cui Riccardo si getta con anima e corpo. 

«È possibile vivere bene e fare un lavoro che risponde ai propri valori in un settore difficile come il no profit, producendo valore per la comunità».

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