«Potrebbe averlo fatto mio figlio» è una frase ricorrente quando si sente parlare di arte astratta. Ma è davvero così?
Semir Zeki, neuroscienziato esperto in sistemi visuali, ci dà una risposta.
Gli artisti come neuroscienziati
Secondo lui gli artisti, senza rendersene conto, fanno qualcosa di simile agli esperimenti visuali delle neuroscienze.
Infatti gli artisti inconsciamente affinano il loro lavoro fino a che non soddisfa il loro cervello, riuscendo a replicare empiricamente gli effetti visivi studiati nelle neuroscienze.
Stimolare particolari aree del cervello con l'arte
Alcuni stili di arte moderna riescono a replicare nello spettatore ciò che viene fatto con gli esperimenti neuroscientifici, ovvero stimolare particolari aree del cervello addette ad un campo specifico.
Un esempio su tutti è quello dell'Optical Art. Molti artisti di questa corrente infatti minimizzano o eliminano il colore dalle loro opere come se volessero evitare di attivare le aree del cervello addette al colore per concentrare gli sforzi solo nelle aree dedicate al movimento.
Il cervello infatti processa le informazioni con tempistiche diverse decodificando prima il colore, poi la forma e infine il movimento. Zeki ipotizza che gli artisti, diventando particolarmente sensibili ad alcuni aspetti particolari (colori, movimento), minimizzino gli altri elementi per isolare l'attenzione su un aspetto in particolare.
«...potrebbe averlo fatto mio figlio»
Un ultimo esperimento poi chiarisce il dubbio del «...potrebbe averlo fatto mio figlio».
Lo scienziato ha infatti mostrato a un campione di persone che dichiaravano di non amare l'arte moderna una serie di tele astratte di cui alcune erano state realizzate da bambini e altre da artisti adulti.
Tracciando i movimenti oculari si è potuto verificare che le opere degli artisti adulti concentravano l'attenzione visiva più a lungo e con una maggiore esplorazione della tela, dimostrando quindi un inconscio apprezzamento dei lavori oltre ad una padronanza delle tecniche di attrazione visuale da parte degli artisti.
E se ci fossero dei Codici per Comunicare correttamente?
Ci siamo posti questa domanda qualche anno fa. Da allora è iniziata la ricerca della risposta, che finalmente possiamo dare.
Si, per Comunicare correttamente ci sono dei Codici precisi.
Abbiamo studiato le tecniche di scrittura persuasiva, il neuromarketing, il neurodesign e abbiamo unito le competenze linguistiche a quelle visive, per dare vita ai modelli di comunicazione più efficaci di sempre.
Li abbiamo chiamati: Codici di Neurocomunicazione.
Sono il nostro vanto, sotto una teca di cristallo.
Curioso? Fissa un incontro per vederli dal vivo.