Errori di marketing?! Cosa Lattebusche può imparare da Volvo

A cura di Samuel Gentile in Articoli

In questo post sarò critico verso il lavoro di altri, che non conosco.
E che probabilmente, quando lo verranno a sapere, potrebberlo non prenderla molto bene.

Ma nell'analisi e nella riflessione che voglio proporre c'è qualcosa di utile, sia per evitare di commettere gli stessi errori, sia per ottenere maggiori risultati.

Quindi con il coltello tra i denti ora ti racconto quello che mi ha fatto arrabbiare della nuova campagna pubblicitaria di Lattebusche, comparsa qualche giorno fa nei cartelloni pubblicitari su cui mi cade l'occhio durante il tragitto casa-lavoro.

Quei cartelloni mi sbattono in faccia, tutti i giorni, una triste verità: come sia facile buttare via, o meglio regalare, una montagna di soldi a un sacco di gente!
E come lo sta facendo Lattebusche.

Nella lista dei baciati dalla fortuna ci metto i creativi, i grafici, chi ha scritto i testi, quelli che hanno venduto gli spazi pubblicitari, il servizio affissioni, e in questo caso pure Tetra Pak.

Sì, Lattebusche con la sua iniziativa pubblicitaria sta regalando soldi a tutta questa gente, senza ottenere il reale beneficio che invece dovrebbe produrre questo tipo di azioni.

E ora ti spiego perché.

Osserva bene una delle tante affissioni, perchè qui, sembra impossibile, ma ci sono ben 4 errori di comunicazione, dovuti a fattori strategici ignorati nel posizionamento di marca.

 

lattebusche adv

Ora ti spiego nel dettaglio.

Primo errore: comunicare l'innovazione fine a se stessa.

Lattebusche sta investendo una quantità importante di denaro per comunicare l'innovazione del proprio packaging, nel passaggio dalla bottiglia di plastica alla confezione in Tetra Pak. Lattebusche vende latte, ma fa pubblicità per la nuova confezione!

Ho già trattato l'argomento qui: Cosa insegna il marketing di IKEA alle imprese produttive, sull'innovazione di prodotto.

Posso capire che questo cambiamento, visto dalla prospettiva dei consumatori ricorsivi, sia un nervo scoperto; qui è messa in luce la paura di non essere più riconosciuti, al momento dell'acquisto nel banco frigo. Ovviamente ci devono essere delle motivazioni forti dietro la scelta di cambiare il proprio "visual hammer", ovvero un elemento visuale distintivo e riconoscibile agli occhi del proprio consumatore abituale.
L'aspetto sconfortante di una scelta coraggiosa e impegnativa come quella di Lattebusche nel voler cambiare il pack, riguarda il conformarsi agli standard industriali e comunicativi di tutti gli altri player di mercato.
Immagina cosa succederebbe se Coca-Cola abbandonasse la forma della propria bottiglia per uniformarsi ad uno standard tecnico usato da tanti altri concorrenti. Soprattutto se ci arrivasse dopo i propri concorrenti.

Latte più

Sebbene i fattori industriali possano essere vissuti come vincoli, nel breve periodo, con assoluta certezza una visione strategica a lungo termine non avrebbe vissuto come un limite la tecnica di confezionamento e picking a scaffale, ma avrebbe visto in quell'investimento di originalità un fattore distintivo premiante.
Più a chiare lettere: sviluppare e adottare un sistema di packaging dalla forma originale e distintiva non sarebbe stato un problema economico insormontabile per un'azienda così solida e longeva, che ha dimostrato di poter investire in modo importante negli immobili, ma decisamente poco nella distintività di brand, nell'identità di marca e nel posizionamento strategico nella mente del cliente.
Viviamo in un'era piena di entusiasmanti possibilità, per adottare strade non tracciate serve coraggio, ma ho come più di una sensazione che non manchi da quelle parti. E allora perché non averlo mostrato?

Ma non è finita qui.

Secondo errore: abbandonare il fattore di distintività.

Oltre al cambio di confezione, Lattebusche ha deciso di demolire il proprio posizionamento, modificando gli elementi distintivi che lo costituivano.
Non bastasse il cambio di materiale e di forma, è stato scelto di aggiungere due ulteriori elementi di distacco:

  1. un disegno grafico decisamente distante dai canoni della comunicazione visuale usata fino ad oggi. I disegni infatti sono un elemento di novità a cui il proprio pubblico non è stato abituato prima;  
  2. la perdita dell'attributo distintivo del brand costruito goccia dopo goccia negli anni precedenti. La provenienza locale del latte dal territorio Bellunese. Una materia prima che segue una rigida filiera certificata, con tanto di nomi e indirizzi degli allevatori bellunesi, i quali conferiscono il latte tutti i giorni presso i laboratori di trasformazione.

E proprio dalla facciata della nuova confezione la distintività "Latte fresco bellunese" è stata tolta, anzi, è stata sostituita da un generico "di montagna" e sotto il logo fanno capolino gli intramontabili colori della bandiera italiana.

Non mi voglio soffermare sul giudizio estetico della composizione visuale, dietro al quale potrebbe anche esserci un progetto visuale, ma ciò che sicuramente manca in questo lavoro è l'analisi scientifica sul posizionamento che deve assumere il product-brand "latte fresco" e per estensione anche il brand Lattebusche.

Quando dico che è stata persa la distintività significa che con questa azione il latte fresco Lattebusche è uscito dalla propria inattaccabile tipicità geografica bellunese, ed è entrato nella generica categoria del latte fresco di montagna, italiano. Montagne che possono andare dalla Val d'Aosta alla Carnia, dagli appennini bolognesi al Gran Sasso. Questa è perdita di focalizzazione, ma soprattutto, è invasione di uno spazio già occupato da altri, che lavorano su quell'attributo da molto prima di te. (Conosci il concetto di attributo di marketing? Qui trovi un approfondimento: Posizionamento di brand: i concetti essenziali per comprendere e usare il "brand positioning")

Terzo errore: comunicare ciò che non è distintivo.

La comunicazione pubblicitaria realizzata è un altro spreco di denaro enorme, perché invece di comunicare il posizionamento assunto, si vuole raccontare a chi legge che c'è una nuova confezione proveniente da fonti rinnovabili. Questo è un assist al produttore del packaging, a cui va il merito dell'ecosostenibilità (presunta o dimostrata?).

Non è di sicuro spiegato che si tratta di una scelta etica consapevole (qualóra sia così) legata alla sensibilità ambientale di questa specifica marca. (E per marca intendo il gruppo di persone che, con i loro gesti e comportamenti, generano valore nell'intero ecosistema aziendale. Puoi approfondire in questo articolo)

Certo, potremmo nasconderci con un ghigno indice di mediocrità dietro alla scusa che "oggi nessuno legge" (ma tu cosa stai facendo qui?), ma due righe in più e un po' di coraggio nel comunicare le proprie convinzioni, non avrebbero rovinato l'appeal estetico, soprattutto in un periodo storico in cui l'informazione sul cibo, sulla sostenibilità e sull'impatto aziendale è alla portata del consumatore sempre più eticamente coinvolto.

Quarto errore: dare per scontato il proprio valore.

In questo caso non è posizionamento, ma si tratta di prendere posizione, di dare al proprio cliente l'idea di avere uno stile di conduzione preciso e definito. Si tratta di mettere in risalto i propri valori e ciò in cui si crede. Io sono convinto che la comunità di allevatori, piccole imprese diffuse nel territorio bellunese, vessate da quotidiane difficoltà nel portare a casa il pane quotidiano, abbiano molto da raccontare. Molto più della storiella sul contenitore del proprio prodotto.
Basta seguire il processo per rendersi conto di quanto valore è stato perso.
Chi alleva da generazioni le mucche in zone di montagna, chi si prende cura di foraggiarle in modo sano, chi controlla che il latte segua i più alti standard di sicurezza alimentare e di conservazione dei nutrienti, chi lo trasporta con cura evitando sbalzi termici e contaminazioni, chi si prende la responsabilità di quello che viene messo sulla tavola di altre famiglie, ha molto da raccontare.

Questo valore, rimasto sommerso o addirittura sottovalutato, dovrebbe essere il vanto di Lattebusche, oltre ad essere ciò che la rende inimitabile e che nessuno può portar loro via.
Ma allo stesso tempo potrebbe diventare il vero motivo per cui io scelgo di acquistare la loro promessa di valore.

Ma non è fantasticando sulle possiblità che si fa marketing. Servono i dati, vanno raccolti, l'analizzati e vanno prese decisioni sulla base delle informazioni che il mercato è in grado di offrirci. (Sì, si può fare. Ci siamo certificati Program Partner di Surf The Market proprio per poter dimostrare alle imprese che il marketing si basa sui dati per prendere scelte importanti e governare il mercato)

E qui entra in scena Volvo. I maestri della promessa di valore.

Guarda questo recente spot, uscito quasi nello stesso periodo dell'ADV Lattebusche.

Il marketing di Volvo insegna da decenni quale sia il sistema vincente della propria strategia di posizionamento, che porta questo brand a distinguersi dagli altri e a prosperare nel competitivo mercato dell'automotive.

Vediamo come.

Tutto è concentrato in un fattore distintivo di cui Volvo, negli anni, si è impossessata: Sicurezza.
Ogni messaggio, ogni dettaglio, ogni sfumatura della comunicazione di Volvo è orientata a sostenere il fattore distintivo. Hai presente la tortura della goccia cinese? Questa è la comunicazione di Volvo.
Il dispositivo (Lane Keeping Aid) che interviene nello spot non è spiegato. La tecnologia sofisticata (e l'innovazione costante) non sono oggetto di discussione.

Esiste piuttosto un impianto narrativo costruito sull'analogia tra la persona e l'auto: i piccoli costanti gesti di protezione che hai verso i figli sono rappresentativi di quello che l'auto fa per te. Questo è il sistema di codifica e impersonificazione del valore che ne consegue dal fattore distintivo.

Quando sali in una Volvo (come in tante altre auto) in realtà sei circondato da tanto altro. Il comfort dei sedili, la visibilità di guida, l'impianto audio e tanta altra tecnologia nascosta.
Ma il marketing di Volvo non perde tempo e non annacqua la sostanza, dissipando energia, attenzione e risorse, per produrre uno spot che racconti la potenza dell'impianto audio.

Ogni sforzo comunicativo è rivolto a sostenere l'attributo differenziante: Sicurezza.
Nelle loro campagne ADV non ti diranno che hanno cambiato fornitore dei pellami con cui sono rivestiti i sedili.

Volvo ci insegna che il fattore distintivo diventa l'angolo di attacco con cui approciarsi alla conquista del mercato.
È questo il motivo per cui una persona, quando dovrà effettuare una scelta d'acquisto, cercherà il brand che corrisponde all'attributo che ha in testa, per cui riconosce il massimo valore.

Questo concetto è divulgato nei più importanti testi strategici di marketing, in questo articolo ho fatto una recesione dei libri che un bravo brand manager dovrebbe aver letto almeno una volta.

Conclusioni

Non c'è una conclusione in questo articolo, lo considero una via di mezzo tra uno sfogo e una riflessione utile a migliorare. È uno sfogo perché spesso vedo dissipare energie e risorse in azioni tattiche, che evidenziano una forte debolezza strategica. È una riflessione utile a migliorare, perché l'individuazione di falle permette di porre rimedio, se si vuole.

"Il re è nudo", disse l'innocente bambino, nella famosa fiaba di Andersen.
"Vivere è osare", dico io. A volte, quando non hai più l'innocenza, bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno.

E se ci fossero dei Codici per Comunicare correttamente?

Ci siamo posti questa domanda qualche anno fa. Da allora è iniziata la ricerca della risposta, che finalmente possiamo dare.
Si, per Comunicare correttamente ci sono dei Codici precisi.

Abbiamo studiato le tecniche di scrittura persuasiva, il neuromarketing, il neurodesign e abbiamo unito le competenze linguistiche a quelle visive, per dare vita ai modelli di comunicazione più efficaci di sempre.

Li abbiamo chiamati: Codici di Neurocomunicazione.

Sono il nostro vanto, sotto una teca di cristallo.

Curioso? Fissa un incontro per vederli dal vivo.

Vieni a scoprire i Codici di Neurocomunicazione

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