Cos'è e come si fa il posizionamento di marca: un esempio concreto

A cura di Samuel Gentile in Articoli

Il posizionamento di marca, o meglio brand positioning, è una tecnica usata in marketing per la gestione strategica di uno specifico brand nel mercato, per renderlo longevo e profittevole allo stesso tempo.

Ogni azienda ha uno o più centri di ricavo, che corrispondono a Business Unit e quindi a brand da posizionare.

Facciamo un esempio concreto con un personaggio di fantasia: parliamo di Pasquale, pasticcere originario di Napoli.

Pasquale ha aperto un bar/pasticceria una decina d’anni fa, proprio qui a Padova vicino al mio ufficio. Vediamo come gestisce gli affari Pasquale:

  1. Una parte del suo ricavo riguarda la somministrazione e la vendita di colazioni al mattino (caffè, brioches, spremute) direttamente al consumatore, quindi BtoC - Business to Consumer.
  2. Un altro centro di ricavo è costituito dalla pasticceria da asporto (mignon, torte, dolci tradizionali e da ricorrenza) sempre BtoC
  3. Un’altra parte del ricavo avviene grazie alla vendita di sfogliatelle, brioches, krapfen e altra pasticceria da colazione, ad alcune caffetterie della zona, BtoB - Business to Business. 
  4. L’ultimo centro di ricavo riguarda la vendita dei dolci confezionati ad una catena di supermercati locale, che li vende nei punti vendita più grandi. 

Questi sono 4 centri di ricavo, ognuno ha un suo modello di business, per ognuno vale una regola di posizionamento differente.

Pasquale ovviamente è una sola persona e la partita iva con cui registra il venduto è la stessa, ma i centri di ricavo sono 4 e potrebbero essere indipendenti uno dall’altro, chiusi o ceduti in modo isolato, se vogliamo rendere l’idea.

Governare al meglio le proprie business unit e farle fruttare è compito della funzione strategica del business. in ogni azienda, infatti, c’è una funzione strategica che le permette di svilupparsi, bene o male, tanto o poco. (Per approfondire l’argomento ti rimando al sito di Strategia Agile per scalare il business

A teorizzare i principi di posizionamento di brand sono stati Al Ries e Jack Trout, autori del libro Posizionamento: la battaglia per le vostre menti, che consiglio caldamente di leggere, ma solo dopo aver letto Focus, di Al Ries. Il concetto di Focalizzazione, a mio avviso, è propedeutico a quello di posizionamento, per un motivo: per posizionarsi bisogna avere ben chiaro quale sia la categoria in cui farlo. Se ti interessa il tema del posizionamento, ti consiglio alcuni libri indispensabili, in questo articolo: Le letture essenziali per comprendere il concetto di posizionamento di brand.

Torniamo a vestire i panni di Pasquale e lavoriamo un po’ sulle definizioni.

Pasquale non è solo un pasticcere, è anche il titolare della società: “Pasticceria Pasquale Sorrentino srl”. L’insegna della pasticceria reca scritto “da Pasquale Bar-Pasticceria

Quando ha aperto l’attività Pasquale non si aspettava che il business evolvesse in questo modo, quindi non si è preoccupato troppo di strutturare il brand, di usare tecniche di posizionamento e di costruire procedure per differenziare e gestire i centri di ricavo.

Tutto ruota attorno alla sua esperienza e alla sua capacità tecnica, egli conosce le ricette tradizionali, ne inventa di nuove, le insegna alla sua squadra di giovani pasticceri. Al banco ci sono sua moglie e sua figlia. Ci sanno fare con i clienti, il sorriso e la battuta allegra non mancano mai.

Ma nessuno dei centri di ricavo sta funzionando a pieno regime e Pasquale sta pensando che dovrebbe fare qualcosa di più, per avere più possibilità.

L’intuizione di Pasquale è sacrosanta, la strategia è lineare, purtroppo non è quella più efficace. 

Cerco ora di spiegarti perché "fare qualcosa di più" non è efficace e soprattutto desidero farti capire come si potrebbe affrontare una situazione come quella di Pasquale, traendo il massimo valore dai principi del posizionamento di marca.

Il motivo per cui l’intuizione non è efficace riguarda il punto di osservazione, ovvero da dentro l’azienda.
C’è una grande differenza di approccio quando le cose si osservano da dentro e quando le si vedono da una prospettiva differente.

Cerco di farti indossare i panni di Pasquale, non sarà difficile immedesimarsi e scoprire il suo punto di vista. Partiamo dal presupposto più importante: tu sei uno, ma hai quattro mercati differenti da gestire in parallelo. Se continui a guardarti da dentro, penserai di essere sempre e solo uno e vedrai un solo mercato, che corrisponde alla tua produttività, al tuo laboratorio, al tuo fatturato totale.

Ma se cambi prospettiva e ti osservi dall’esterno, assumendo il punto di vista dei diversi interlocutori a cui vendi, ti renderai conto di essere percepito in 4 modi diversi. Queste sfaccettature sono molto importanti per chi ti osserva, influenzano il tipo di rapporto e l’approccio che devi usare per ogni punto prospettico.

Non è tanto diverso da quello che succede nella vita quotidiana. Ti faccio questo esempio su di me, io vedo me stesso come unica entità, ma da fuori sono visto come marito, vicino di casa, padre, collega di lavoro, figlio. Il mio atteggiamento e il rapporto che ho con le altre persone, è condizionato e plasmato da come loro mi vedono, oltre da come io vedo loro. 

Le 4 business unit, quindi, generano 4 differenti atteggiamenti e modelli di business, ognuno dei quali è percepito dal proprio mercato in un modo diverso. Queste 4 differenti percezioni sono di fatto 4 brand differenti, anche se con la stessa etichetta.

Ricorda che Brand è la percezione del valore nella mente dello stakeholder (puoi approfondire l’argomento Brand nell’articolo Come creare un brand di successo).

Se vuoi vincere la battaglia nelle menti delle persone, devi accettare questo principio.
Per ogni B.U. (business unit), infatti, hai un brand da gestire e per ogni brand devi lavorare con un posizionamento specifico e una proposta di valore univoca.

Prendiamo come esempio la prima B.U. di somministrazione al banco di colazioni.

I clienti vengono perché sei in una strada di passaggio, nelle vicinanze di una scuola. 

La tipologia di clientela è varia, e cambia in base alla fascia oraria: gli impiegati che vanno al lavoro, le mamme che portano i bambini a scuola, i residenti del quartiere.
Segmenti di pubblico distinti, con abitudini e stili di vita differenti, ma tutti apprezzano il buon espresso napoletano, servito con il sorriso e l’accento marcato di tua moglie Assunta. Nessuno poi riesce a resistere alla piccola sfogliatella riccia ripiena con crema di ricotta di bufala e limoni di Amalfi canditi. Sono le prime a finire ogni giorno, nel banco delle brioches.

Questa B.U. sta in piedi per un motivo: distintività.

È composta da una serie di tratti unici che la rendono particolare e diversa sul mercato.

Ci sono fattori logistici, come la via di passaggio e il parcheggio, ma ciò non è sufficiente a garantire una clientela stabile e ricorrente. 

Chiedendo alle persone il motivo per cui preferiscono da Pasquale Bar-Pasticceria, rispetto agli altri bar-caffetterie del quartiere o del tragitto verso il lavoro, la risposta è semplice: Pasquale è l’unico a fare la sfogliatella riccia, in più Assunta è una vera esplosione di energia, la combinazione vincente per dare la giusta grinta anche alla giornata più uggiosa!

Si tratta di caratteristiche uniche, non presenti nei concorrenti. Almeno per il momento.
Analizzando la vetrina delle brioches, però, si notano decine di formati differenti.

È un classico: per non deludere nessuno, facciamo un po’ di tutto.

Cornetti e krapfen ripieni in tutte le salse, e poi le varianti integrali, senza zucchero, vegane, senza glutine, oltre che le sfogliatelle.

Tutti i giorni vengono vendute quasi tutte le preparazioni. E sembra che tutte funzionino bene allo stesso modo. Ma se osservi come avviene il consumo, ti accorgi che impiegati e operai, di buonora, si contendono le sfogliatelle e i cornetti, mentre chi viene dopo non sempre ha l’occasione di assaggiare il cavallo di battaglia della pasticceria.

La squadra di pasticceri impiega un sacco di tempo, ogni notte, per preparare gli impasti delle diverse tipologie. La produzione avviene per questioni di peso minimo da impastare. 

Nel mio metodo di lavoro ritengo che tutti questi elementi sono importanti per comprendere come fare un’operazione di posizionamento di marca

Come si posiziona una marca

Supponiamo che Pasquale sia interessato a dare una svolta profittevole a queste 4 B.U. e quindi mi chiama per intervenire nella strategia di marketing.

Per prima cosa partirei dalla focalizzazione nella B.U. della somministrazione di colazioni con un’operazione di “sfoltimento” dell’offerta

La focalizzazione è il classico nemico dell’estensione di linea, ma è anche il classico nemico dell’imprenditore esuberante che ha dato vita a mille idee, tutte sotto un unico cappello. 

Partendo da un tema forte, proporrei meno varianti, ma soprattutto più coerenza.
Il tema forte è quello dell’origine napoletana dell’arte bianca di Pasquale e del suo legame con il territorio e le tradizioni campane.

Nonostante siano di moda le offerte vegane e salutistiche, sappiamo che i dolci napoletani non sono stati inventati per chi è amante del fitness mattutino.
E viceversa, i patiti del jogging all’alba non sono lo stereotipo del nostro cliente ideale: goloso, profittevole, entusiasta e alto-spendente

La pratica della focalizzazione ti porta a pensare che tutto il suo pubblico deve essere accomunato dall’interesse per la tua offerta di valore che ti distingue sul mercato.

La focalizzazione è come una chiusura, in un ambito più ristretto, sia di offerta, sia di pubblico, quindi, aiuta a costruire un'identità più forte ma richiede una visione strategica a lungo termine. È per questo che si fa impresa, per essere profittevoli e longevi.

Sappiamo che Pasquale ha paura di perdere una fetta importante del suo mercato, ma questo principio è simile alla potatura degli alberi, azione necessaria per poterli rafforzare.

Quindi niente più teutonici krapfen o salutistiche brioches! 

Basta anche ai succhi di frutta industriali e al caffè aromatizzato al ginseng. I punti di forza sono l’aroma del caffè partenopeo, le ricette tradizionali di Pasquale e un tocco di freschezza, con l’asso nella manica di Assunta: la limonata come la preparava sua nonna, da cui ha preso il nome. 

Ecco quindi che il proporsi come “autentica e tradizionale pasticceria napoletana” diventa un tratto distintivo sufficientemente forte da essere motivo di interesse e di classificazione nella mente del cliente, e quindi di passaparola.

Questo esercizio di focalizzazione va di pari passo con tema del posizionamento.

Abbiamo un problema però: “da Pasquale Bar-Pasticceria” non è il modo giusto per trasmettere posizionamento, in una categoria focalizzata.

Questa Business Unit va sottoposta ad un intervento di re-branding con lo scopo di fissare i nostri concetti distintivi nella mente dei nostri clienti, e possibili futuri clienti.

È vero, “da Pasquale” è l’unica pasticceria napoletana di Padova, e qualcun altro potrebbe fiutare il business e cavalcare l’onda. Si presentano due angoli d’attacco in questa cornice: sfruttare un primato, ovvero dichiarare di essere pioniere e leader per quella categoria, oppure legare il nostro brand ad un attributo specifico della nostra offerta di valore. In questo caso la ricetta della mini sfogliatella, che è valsa a Pasquale la vincita di importanti premi e riconoscimenti.

Ad una prima (superficiale) analisi sarebbe possibile lavorare al posizionamento semplicemente attribuendo un primato a Pasquale:

da Pasquale, la prima pasticceria napoletana di Padova.

L’esercizio sembrerebbe completo, in quanto sono soddisfatti i requisiti della distintività, ma sinceramente io non investirei nel futuro di un progetto simile, perché è carente di carisma e la clientela non andrebbe mai in giro a raccontare che frequenta quel posto perché è stato il primo, ma forse anche l’unico.

Un altro posizionamento potrebbe essere: 

Pasquale Sorrentino, campione del mondo di sfogliatella riccia.

Certo d’effetto, ma decisamente autocelebrativo. Legato al suo successo passato, più che al beneficio attuale. Poi quel titolo non è un’esclusiva, molti altri hanno vinto negli anni il primo posto.

Io però ho un progetto diverso per il futuro di Pasquale, e penso sia giusto immaginare non solo il presente, ma anche la scalabilità del business, che possiamo orientare grazie al posizionamento.

Ecco allora la mia proposta di posizionamento per la caffetteria da Pasquale:

Napolitella. La pasticceria secondo Pasquale Sorrentino. 

In questa soluzione c’è uno scopo strategico a lungo termine: Il nome Napolitella, inventato per l’occasione, sarà sia quello del bar-pasticceria, sia quello che daremo alla sfogliatella, che è un tratto distintivo che ha reso famoso Pasquale anche fuori dalla provincia padovana. (Puoi approfondire l'argomento del naming qui)

Il nome di Pasquale, nell’insegna del bar-pasticceria, continua a essere presente, questa volta come firma d’autore, che interpreta così la pasticceria napoletana. 

Il nome Napolitella e il nome Pasquale Sorrentino giocano a nostro favore e non lasciano molti dubbi sulla tipicità campana e sulla bravura del nostro maestro. Contiamo sul fatto che nome e cognome siano sufficienti a presidiare l’autenticità dell’offerta, sul territorio, anche in vista di future espansioni in altre località.

Lo stesso nome, con un payoff differente, può essere usato per il prodotto di punta: Napolitella. L’originale sfogliatella di Pasquale Sorrentino.

In questo caso è importante tutelare la ricetta con un nome “registrabile” e ancora di più, con la firma dell’autore.

Questo approccio suggerisce a chi entra in pasticceria di identificare immediatamente il cavallo di battaglia (stesso nome), mentre chi acquista il prodotto tramite altri canali, troverà sempre un richiamo con l’autore.

Attenzione però: quando faremo colazione troveremo solo cornetti e Napolitella.

Pochi impasti da fare, in maggiore quantità, probabilmente riusciremo anche ad usare materie prime altamente selezionate, acquistandole al prezzo giusto.
Ridurre la complessità delle operazioni quotidiane e gli sprechi legati ai troppi cambi di formato è di per sé un immediato ritorno economico. 

Ora voglio trattare il caso più delicato, la terza B.U.

Ovvero la vendita ad altri bar-caffetterie della provincia.
Qui si pone una questione numerica, prima che di posizionamento.

I motivi per cui Pasquale ha cominciato a vendere alle altre caffetterie i propri prodotti, tra cui la sfogliatella, erano legati ai numeri di produzione. Per potersi permettere gli impasti vegani tutti i giorni, doveva trovare un numero maggiore di clienti, oltre a quelli che frequentano il suo punto vendita. A suo tempo ha fatto il giro dei bar e alcuni hanno deciso di rifornirsi della sua linea, a patto che ci fossero anche altri formati (krapfen, tortini di riso, ecc..).

La maggior parte delle azioni apparentemente possibili in questo mercato, portano sempre allo stesso vicolo cieco: il conto terzi esclude la presenza del nostro brand.

Non è possibile rendersi veramente speciali e unici se la nostra offerta di valore non è percepita dal pubblico pagante assieme al nostro brand. Se il consumatore non è cosciente di acquistare una brioche di Pasquale, non sarà nemmeno mai disposto a pagarla più della media.

Il consiglio dato nella prima B.U. riguarda la riduzione della gamma di prodotti offerti, questo stesso approccio è valido e ha un impatto anche nella terza B.U., del conto terzi. In questo caso la strategia è di limitare la vendita ai soli cornetti e Napolitella, offrendo alle caffetterie che accetteranno questa limitazione una serie di elementi di valorizzazione del brand Napolitella, per esempio una vetrinetta decorata, un display da banco con lo storytelling sulla ricetta e sugli ingredienti, ma soprattutto una promozione su un dolce da ricorrenza, acquistabile presso la pasticceria ufficiale o prenotabile presso la propria caffetteria di fiducia, visto che viene rifornita tutti i giorni con i prodotti di Pasquale. Un’altra azione importante riguarda l'esclusiva territoriale, ovvero il presidio geografico del raggio di azione del punto vendita di Pasquale. Nessun rivenditore in un raggio di 10 km dalla Pasticceria. E l'altra esclusiva territoriale riguarda i rivenditori, non meno di 5 km tra un rivenditore ed un altro.

Queste politiche commerciali sono uno degli aspetti strategici più delicati, perché riguardano le relazioni con una tipologia di clienti particolari. Serve tatto e delicatezza, ma allo stesso tempo la voglia di re-impostare il rapporto su nuovi valori equi, accettati e condivisi.

È probabile che perderemo molti bar e caffetterie, abituati a servire poche decine di colazioni tutte in formati diversi, su cui però Pasquale aveva un alto costo di produzione e quindi bassi margini. È anche vero che accontentare tutti offrendo prodotti uguali agli altri, non rende profittevole il nostro mercato, e le uniche leve che potremmo avere a disposizione in un business del genere sono: aumentare il servizio oppure diminuire il prezzo. Ma entrambe queste leve non generano un reale vantaggio al nostro giro d’affari, erodono il margine e non promuovono la nostra unicità nella mente del consumatore. 

Lo scopo di servire le caffetterie nella provincia deve essere solo uno: diffondere il nome della Napolitella, prodotto civetta, per promuovere l’arte bianca di Pasquale e tutto l’assortimento dei suoi dolci tipici e da ricorrenza, presente solo nella sua pasticceria. 

Questo infatti è l’unico motivo per cui una persona, dopo aver assaggiato la famosa sfogliatella di Pasquale anche nel bar sotto casa, possa aver voglia di scoprire altri dolci, magari per festeggiare un anniversario o per fare bella figura, ospite a cena dagli amici.

Il nostro scopo infatti non è portare via una colazione al bar-caffetteria distante 10 o 20 km dal nostro punto vendita. Nessun consumatore sarebbe disposto a tanto sacrificio.

Il nostro scopo è creare una meta di pellegrinaggio gastronomico, per tante persone lontane, che una volta ogni tanto possono venire ad acquistare una o più specialità, con una battuta di cassa più alta di quella della colazione.

E qui entra in gioco la seconda B.U.

Parliamo ora della pasticceria da asporto di mignon, torte, dolci tradizionali e da ricorrenza

Il posizionamento fatto nella prima B.U. e la successiva azione di branding abbraccia anche il secondo centro di ricavo, con la differenza che in questo caso c’è un’intera linea di prodotti, tutti firmati Pasquale Sorrentino, che si turnano sulla vetrina, seguendo le festività e le stagioni.

La focalizzazione dell’offerta è la parte fondamentale: una precisa verifica di quale ricetta rispetti o meno il posizionamento della pasticceria è d’obbligo e molti dei dolci attualmente proposti verranno scartati, per lasciar spazio a prodotti perfettamente in sintonia con lo spirito partenopeo.

Ovviamente c’è l’asso nella manica in questa B.U., non mi sono dimenticato di Assunta.

La limonata della moglie di Pasquale può diventare un vero e proprio brand indipendente, che porta con sé tutta l’energia di Assunta, la quale può lasciare in eredità alla propria famiglia, non solo la ricetta, ma anche un marchio registrato e un pubblico affezionato, al pari della Napolitella, con la differenza che la limonata è un prodotto che segue un processo produttivo differente ma soprattutto permette una lunga conservazione. Un modo di pensare completamente diverso, rispetto alla caducità della ricotta di bufala, che cambia sapore già poche ore dopo essere stata lavorata.

Sul marchio della limonata e sul posizionamento di questo nuovo brand lascio a te fare qualche riflessione e se ti fa piacere possiamo usare questo argomento per scambiarci ipotesi e opinioni.

Voglio finire con la quarta B.U.

Ora prendiamo in esame la vendita dei prodotti sui supermercati locali. 

In questo caso dobbiamo rispettare dei vincoli: non possiamo ereditare il posizionamento del product-brand Napolitella, infatti la sfogliatella non è distribuibile in GDO per via degli ingredienti freschi ad alta deperibilità; non possiamo nemmeno puntare sul nome della pasticceria, perché legata ad un’area d’influenza troppo ristretto; Pasquale Sorrentino è sinonimo di maestro pasticcere, un autore che lavora con il “fresco”, quindi distante dalle metriche della lunga conservazione.

Sappiamo che questo tipo di produzione artigianale rivolta alla distribuzione organizzata, in questo momento è sostenibile solo se ci si focalizza su un prodotto con shelf-life di uno o più mesi. Ciò significa che le ricette e le tecniche di preparazione, oltre al packaging, avranno una linea di gestione differenziata rispetto alla pasticceria fresca d’autore.

Casatiello, Rame di Napoli, Struffoli, Raffiuoli, sono tutti dolci della tradizione, prodotti che non possono avere una esclusiva sul nome e ancora meno sulla ricetta, che deve essere rispettata il più possibile. Ma abbiamo un elemento comune interessante che accomuna tutta la famiglia e che può darci una mano a dare un fil rouge distintivo a questo progetto di business.

Qui il marketing fa al meglio il suo sporco lavoro, che non è quello di inventarsi scemenze o finzioni per dare forma a qualcosa di unico, ma è scavare a fondo e trasformare il prodotto, se necessario, per renderlo coerente con il suo racconto.

L’elemento comune infatti è l’uso della farina, in tutti questi dolci da forno. Farina che in Campania ha una tradizione millenaria, soprattutto nella selezione di certi grani antichi particolarmente apprezzati per i profumi e per i risultati in cottura, nonostante la resa per ettaro sia più bassa degli attuali standard agricoli industriali

Studiando a fondo sono emersi alcuni interessanti varietà, come il grano Risciola dell’Irpinia oppure il Saragolla del Sannio, coltivati da piccole comunità locali, con una produzione limitata ma altamente controllata. Queste colture di nicchia portano con sé un grande beneficio intrinseco: l’esclusività. Non sono accessibili a tutti, sia per la scarsità distributiva, sia perché esistono rapporti commerciali già in essere, in cui è difficile inserirsi.

Il mio angolo di attacco è basato proprio su questa difficoltà, chi per primo la supera ed entra nel sistema, può barricarsi all’interno e proteggere il fortino.

Se infatti Pasquale riesce a stipulare un accordo di esclusiva territoriale per l’acquisto di un particolare grano, si assicura un posizionamento distintivo, basato su una unicità, non replicabile, supportata da racconti genuini e credibili.

Premiato forno
Barone Spigachina

Gli originali dolci napoletani con il grano antico Spigachina d'altura

In questo specifico brand c’è tutto quello che Pasquale può esprimere, vestendo i panni del Barone Spigachina, un personaggio inventato, che evoca antiche tradizioni, le quali vengono ribadite dal posizionamento, reso distintivo e unico, grazie al siglato accordo con i produttori del "grano Spigachina" coltivato nell’appennino campano.

Agli occhi del consumatore non appare Pasquale, ma un antico forno nel quale vengono custoditi i segreti delle ricette tradizionali e l’esclusivo grano Spigachina, a cui il Barone ha dato il suo nome. Immagina il potere suggestivo che questo brand può avere nella mente del consumatore. Ho spiegato nel dettaglio come si creano i brand nell'articolo Come creare un brand di successo e non mi stanco mai di ripetere che “Il brand è la percezione di valore nella mente dello stakeholder.”

La mia visione sul posizionamento di brand 

Da tutta questa esperienza, come hai notato, emerge una gestione complessa del concetto di posizionamento, che non si costruisce semplicemente applicando una formula o dichiarando un primato. Essere i primi non è sufficiente, nemmeno essere i secondi.

Essere percepiti come unici è decisamente più rilevante. Questa è la mia visione. 

Gli esercizi di costruzione dei brand attorno ad una specifica nicchia e con una posizione di unicità è una delle tecniche che possono essere applicate per dare un’impostazione strategica allo sviluppo del proprio business

Non è detto che tutte le azioni qui descritte portino al massimo dei risultati, quindi alcuni aggiustamenti in corsa vanno previsti e adottati, senza timore.

Ma quello che mi interessa porre alla tua attenzione adesso è il tema dei ruoli.

Chi si occupa di fare il posizionamento strategico?

In una piccola azienda come quella di Pasquale, fino ad oggi è stato Pasquale, anche se in modo inconsapevole. 

Tutte le decisioni che ha preso, tutte le richieste che ha evaso ai suoi clienti, tutti i tentativi a cui poi ha cercato di dare ordine, sono stati tasselli che uno dopo l’altro hanno costruito l’identità del suo piccolo regno. Non posso permettermi di criticare nulla di ciò che ha fatto Pasquale, ma non possiamo sicuramente definire corretto l’esito del suo posizionamento, agli occhi di una visione “strategica” di questa area del business.

Per parlare di posizionamento serve studio e applicazione, analisi costanti e riscontri sul mercato. Serve un approccio alla percezione, non al prodotto.

Se ti concentri solo sul prodotto farai una fatica incredibile a raccontare una storia distintiva al tuo pubblico.

Lavorare sulla percezione del pubblico significa uscire dalla bottega e osservare il mercato da altri punti di vista, quello del consumatore, quello del buyer, quello del rivenditore, quello del concorrente, quello del passaparola.

Pasquale deve fare uno sforzo importante per cambiare questo punto di vista, lo riconosco. Da molti anni infatti sto a fianco di imprenditori come Pasquale per dare loro un sostegno e un aiuto nel cambiare il punto di vista.

Questo cambiamento non è radicale, ma fa parte del processo, necessario, per ampliare le vedute e comprendere come il marketing è utile e profittevole e serve a sviluppare davvero il proprio business.

Liquid Diamond è lo studio di marketing e il laboratorio di comunicazione d'impresa di Padova.

Abbiamo accumulato 20 anni di esperienza a fianco delle imprese produttive del Nord-Est

L’identità di marca e la strategia di marketing sono le nostre specializzazioni.


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